Jeton Kelmendi, la poesia tra realtà e sogno
“Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie” (Giuseppe Ungaretti)
Due versi mirabili del poeta per descrivere appieno lo status di precarietà dei soldati in guerra, una vita tra l’istante e l’istinto.
Tanti e famosi sono stati scrittori e poeti che si sono cimentati con le atrocità della guerra, da Emilio Lussu ad Ernest Hemingway, da Italo Calvino a Primo Levi.
«La mia infanzia non è stata facile, il periodo era difficile nei paesi balcani. Sono nato a Peja nel 1978 e la mia passione era per lo studio, le arti, la letteratura. Studiavo a Pristina dove viveva mio zio Azem, scrittore, ma nel 1998 la guerra in Kosovo bloccò ogni cosa e mi arruolai per la liberazione del mio paese», racconta il professore Jeton Kelmendi, poeta e giornalista, insignito a Taranto nel 2019 del Neruda Award.
“Leggendo le sue poesie ho spesso ritrovato lo stesso dolore (riferimento ad Ungaretti), un uguale senso di tristezza… ma anche l’aspirazione ad una vita appagante all’amore. Quindi egli vaga col pensiero cercando nell’illusione, nel ricordo o nel sogno qualcosa che possa offrirgli un motivo di pace…”, scrive nella prefazione al libro di Kelmendi, “Tra realtà e sogno”, da lei stessa tradotto e curato nell’edizione italiana la poetessa Maria Miraglia, direttrice letteraria di Neruda Associazione.
Poesia, vita, sogno è il flusso che scorre nelle opere del nostro protagonista come bagliori di luce, di speranza, in un’anima ferita dalle schegge della guerra. Ad ottobre dello scorso anno, ospite e premiato all’edizione “In my shoes” del Neruda Award il poeta di lingua albanese, il più conosciuto e tradotto in 37 lingue, ha parlato della sua vita.
«La guerra non è facile. Hai solamente da decidere se combattere o morire. La tua vita vale 1 euro, il costo di un proiettile.
Ecco come ti viene il coraggio! Per alcuni mesi non ebbi notizie della mia famiglia, anzi giunse loro la notizia della mia morte. Ma la guerra mi ha insegnato molto della vita, di come amare il mio paese e non odiare gli
altri paesi. Ed oggi i miei figli vivono in pace», il messaggio dell’amico Jeton.
Pristina, distrutta dalla guerra, viene ricostruita, la vita riprende ed anche i suoi studi con laurea in comunicazione, quindi specializzazione e dottorato presso l’università di Bruxelles in relazioni internazionali e sicurezza. Oggi è professore alla AAB University di Pristina ed anche all’Università in Belgio da 10 anni. Una vita intensa e multiculturale. Da ragazzo sognava di intraprendere la carriera diplomatica anche se la letteratura era un tutt’uno con la sua pelle. La pubblicazione nel 1999 del suo primo libro, “Il secolo delle promesse”, e la collaborazione con giornali e riviste in tanti paesi Europei.
Anche attraverso le poesie è riuscito a far conoscere il suo paese, la sua cultura a tante persone in differenti paesi del mondo.
Tra i suoi riferimenti culturali e valoriali, tre icone, diremmo oggi, come l’eroe Skanderberg, il grande scrittore Ismail Kadare, voce universalecontro il totalitarismo, e poi lei, Madre Teresa.
«Non è tanto quello che diamo ma quanto amore mettiamo nel dare», un piccolo grande suo pensiero ed insegnamento.
Jeton Kelmendi, giovane nei suoi anni, portatore di tante importanti esperienze ed instancabile nel tessere, costruire, incontrare amici in ogni angolo della terra, è presidente della Fondazione IWA Bogdani, membro dell’Accademia Europea delle Scienze e delle Arti in Salisburgo.
«Dopo il mio paese, io amo l’Italia perché sede millenaria della cultura. Ho visitato molti luoghi, ho tanti amici in questo paese amico. Ho ammirato ad ottobre Taranto e la sua bellezza, così come ricevere il Neruda Award, incontrare Maria e Saverio», mi saluta con queste parole di affetto il nostro protagonista Jeton Kelmendi.
“Fece un patto con fiume,
Lum Bardh, a Prizren
E partì per la vita
Portò con se i ricordi
Albanese per etnia
Con la luce nell’Anima
E lo spirito tra le onde
Viaggiò per i Paradisi dell’arte
Finché divenne egli stesso una stella di questo cielo…”
(Il nome di una stella – poesia di J.K. dedicata a Bekim Fehimiu, famoso attore nei panni di Ulisse, film Odissea, 1968)
Ci salutiamo da lontano in tempi di Covid e mi viene da pensare ad un suo verso: “In quale stella è il nostro destino?”
Saverio Sinopoli
Presidente associazione “Pablo Neruda”
un articolo che rende merito alla produzione letteraria dello scrittore Jeton Kelmendi